SANTUARIO " MADONNA DEL RUSCELLO"

di Ferdinando Pecoroni Sciarrini

 

Descrizione del complesso architettonico e degli annessi arredi e decori artistici per la catalogazione dei beni culturali.

 

Le origini del santuario

 

Le origini del santuario della Madonna del Ruscello risalgono al 1604.

 

A trecento metri dal castello di Vallerano, un piccolo centro della catena appenninica dei Cimini, poco distante da Viterbo, vi era ai margini di un piccolo ruscello una cappellina con un affresco della Vergine ed il Bambino del 1400. Il tempo e le intemperie avevano reso quasi irriconoscibile la sacra immagine, tanto che il pittore Stefano Menicucci volle restaurarla, ma mentre l’artista era intento nel restauro della bocca, dalle labbra della Vergine sgorgò miracolosamente del sangue. Folle di fedeli accorsero, e con le offerte raccolte l’otto marzo 1605 si diedero inizio i lavori per la costruzione del tempio. Sul luogo del miracolo giunsero anche i principi Farnese, signori di Vallerano, che diedero un’enorme contributo per l’edificazione del santuario.

Un vero e proprio monumento architettonico, a circa 60 km. da Roma, si giunge nel paese dalla "strada romana", attuale via Salita; sulla destra si scorge adagiata nel verde la bella costruzione che sorge proprio sul luogo del miracolo, immenso reliquiario alla venerata immagine mariana. Un vero gioiello d’arte d’inizio seicento, la pianta con i prospetti , la facciata e alcuni particolari ornamentali derivano dai disegni del celebre architetto Jacopo Barozzi da Vignola, autore peraltro di tante realizzazioni artistiche dell’alto viterbese.

 

 

Nell’insieme della costruzione lo stile che prevale è quello barocco, ma non il barocco sontuoso, fatto d’ori e sfarzosi stucchi, ma di un genere snello, armonioso di notevole influsso rinascimentale.

 

PIANTA DEL SANTUARIO

 

 

 

La pianta a croce latina ha la tipica partitura degli ambienti presente nelle chiese rinascimentali e poi barocche: un’unica navata centrale con sei laterali aperture ad arco, tre per lato, quattro adibite a cappelle, due di passaggio ad accessi secondari. La navata culmina con un transetto coperto nella parte centrale da una cupola tonda internamente ottagonale nella parte esterna. Alle spalle dell’altare maggiore lo spazio riservato al coro. Ogni ambiente è concluso in alto da ampie volte a botte.

 

DESCRIZIONE FACCIATA

 

La facciata, imponente e grandiosa, si eleva su di un ampio piazzale fiancheggiato da numerose botteghe risalenti al secolo diciottesimo costituite per soddisfare le esigenze dei mercanti in ricorrenza delle fiere che si tenevano presso il santuario, e per le necessità dei numerosi pellegrini. Essa è edificata quasi interamente in peperino grigio, materiale che abbonda nella zona, e mattoni di terra cotta; costa di due piani sovrapposti nel primo si apre un portale adorno di colombe ioniche e sormontato da un timpano spezzato, dentro il quale c’è un’edicola con un gruppo di marmo bianco della Vergine con il Bambino. Ai lati del portale gli spazi sono scanditi da sei lesene terminanti con pregiati capitelli corinzi, ed eleganti fregi scultorei recanti cherubini e festoni di fiori e frutta, alternati ai gigli della famiglia Farnese. Sopra l’enorme cornicione s’innalza il secondo piano che ha nel mezzo un grande ed ornato finestrone, ai lati del quale vi sono quattro stemmi, due di questi appartengono alla famiglia Farnese, uno raffigura San Vittore a cavallo, patrono del paese. Il piano decorato da lesene terminanti anch’esse con un sontuoso fregio che alterna ai capitelli corinzi festanti puttini alati, al centro la colomba simbolo dello Spirito Santo. Un enorme timpano conclude la facciata, al centro del quale sta l’Eterno Padre benedicente fra quattro putti. Il timpano si chiude con la croce anch’essa in peperino, ai margini invece stanno due candelieri.

 

Ai lati del secondo piano vi sono due ampi raccordi, su questi poggiano le statue dei santi Pietro e Paolo. La raffinatezza e la minuzia dei numerosi rilievi ci portano a pensare che gli autori erano certo professionisti e non scultori di provincia, forse operanti già nella vicina corte Farnese di Caprarola.

 

L’insieme sia delle parti in rilievo che quelle in muratura, attualmente mantengono buono lo stato di conservazione.

DESCRIZIONE PORTALE LIGNEO

La porta maggiore d’ingresso è chiusa da un pregevole portale, recentemente restaurato e consolidato, realizzato in legno di noce, diviso in numerosi scomparti tutti decorati ad intaglio. Nei riquadri in alto è rappresentata in alto rilievo l’Annunciazione con la Vergine a sinistra e l’angelo dalla parte opposta, al centro vi è una Vergine assisa su di un trono con il Bambino Gesù sulle ginocchia, nel riquadro accanto la scena della " visitazione". Negli ultimi due pannelli in basso, S.Andrea Apostolo titolare della chiesa collegiata, a destra S. Vittore a cavallo.

 

I riquadri con le figure sono circondati da numerosi altri piccoli pannelli decorati all’interno con fregi floreali, cherubini maschere e gigli. L’autore è anonimo, ma si rivela un autentico artista nell’esecuzione accurata dell’opera, nel valore artistico delle figure e degli ornati.

 

CAPPELLE LATERALI

 

All’interno la navata è scandita ai lati da lesene terminanti con capitelli ionici in stucco, ornati da festoni di fiori e frutta; queste dividono gli spazi sui quali ampie arcate aprono l’accesso alle cappelle. Ogni cappella laterale è impreziosita da eleganti stucchi bianchi e oro, questi necessitano di un urgente intervento di restauro e di consolidamento, molte parti di questi sono cadute, la doratura è molto rovinata.

 

Cappella Paesani

La prima alla nostra destra è quella della famiglia Paesani.

 

Sull’altare vi è un dipinto ad olio su tela raffigurante al centro la Vergine con il Bambino, fianheggiata da due santi, disposti poco più in basso, alle spalle della Madonna gruppi di putti e cherubini (sc. XVII). La tela è in rapporto con la pittura del Lanfranco, il suo stato di conservazione non è buono, avrebbe bisogno, infatti, di una pulitura e di un consolidamento strutturale. Il dipinto è fiancheggiato da colonne con capitelli ionici, per un terzo decorate da mortivi vegetali in stucco e sormontato da un timpano spezzato. Nel mezzo di questo, figura un rilievo con l’ultima cena; ai lati dell’altare due specchi anch’essi in stucco raffigurano uno Tobia, l’altro S. Sebastiano.

 

Nei riquadri della volta, altri stucchi, con la "Visitazione", l’"Assunta", e il presepe. Internamente all’arco trovano posto invece i rilievi di quattro santi con al centro l’Eterno padre. All’esterno dell’arcata, nelle due lesene, stucchi con foglie d’acanto oro su bianco, agli angoli degli angeli e al centro lo stemma della famiglia. Sopra l’altare sono presenti inoltre sei portacandele più la croce centrale del seicento, in legno dorato e argentato; il loro stato di conservazione è abbastanza buono.

 

Cappella Janni

La cappella Janni, seconda sul lato destro, culmina come le altre con l’altare in stucco elevato da colonne corinzie, concluso da un timpano spezzato dove al centro dipinta figura una coronazione di spine.

 

Nel mezzo è collocato in una nicchia che segue la sua stessa forma un pregevole crocifisso di legno dipinto, sopra ala croce, esterni alla nicchia, stanno alcuni gruppi di cherubini e putti, mentre in basso, ai lati di Cristo, due angeli sempre in legno sostengono uno la colonna del martirio, l’altro un calice ed una scala, alla base altri puttini anch’essi con segni della passione.

 

Il crocifisso con gli angeli sono di buona manifattura, risalgono agli inizi del secolo XVII, è ben conservato, ma comunque sarebbe ideale un restauro conservativo.

Gli stucchi, come nelle altre cappelle incorniciano i vari pannelli dipinti che occupano le pareti laterali e la volta, in questi spazi delle tele a tempera recano le immagini di alcuni santi. Fra questi riconosciamo S. Sebastiano, S. Gregorio, S. Barnaba, due santi pellegrini ed un vescovo. Altri episodi della passione di Cristo sono raffigurati nelle pareti più ampie. Sulla volta invece troviamo alcune pitture, probabilmente affreschi, al centro l’Eterno Padre con la sfera celeste; ai lati Gesù nell’orto degli ulivi e la flagellazione.

 

Le tele ci appaiono rovinatissime dal salnitro e con vari strappi e lacerazioni, è evidente l’urgenza di un restauro dettagliato, la pittura della volta sembrano invece ben conservate.

 

Cappella Marcucci

Dal lato opposto, la prima cappella è quella dei Marcucci.

 

L’altare è realizzato interamente con più marmi policromi, questi nella base danno vita a preziosi intarsi geometrici. Nel mezzo è collocata una tela ad olio raffigurante l’Annunciazione di Maria dei primi del seicento. L’autore ci è sconosciuto, ma in ogni modo la resa pittorica delle figure è d’alta qualità. L’Angelo si presenta alla Vergine prostrato su delle nubi, indica il cielo e sorregge un giglio, la madonna è anch’essa prostrata; alle spalle dei due personaggi altre nubi con angioletti festanti. In basso una graziosa natura morta con una cesta contenente il materiale per il cucito. La tela attualmente è in buone condizioni.

 

Nella volta gli stucchi incorniciano tre scene dipinte, probabilmente a tempra, di cui solo il tondo centrale con Dio padre è riconoscibile, gli altri due pannelli sono quasi completamente perduti. (La perdita di adesione della pittura all’intonaco è dovuta sicuramente all’eccessiva umidità cui è sottoposto il lato sinistro della chiesa mai illuminato dal sole, addossato alla collina; è urgente un intervento di consolidamento delle pitture ancora esistenti).

 

Nelle pareti e sulle lesene dell’arco altri specchi recano le immagini di santi fra i quali S. Rocco e S. Vittore martire, quest’ultimo patrono del paese, anche questi dipinti necessitano di più restauri. Da notare anche qui i numerosi e raffinati giochi di stucchi che corrono attorno alle pitture.

Cappella Farnese

L’ultima cappella laterale , sicuramente la più prestigiosa, la più ricca, quella della potente famiglia Farnese.

 

Esternamente l’arco è ricchissimo di stucchi d’oro, due angeli musicanti indicano lo stemma gigliato della famiglia, che al centro fa da chiave di volta all’arcata. All’interno due colonne per un terzo a tortiglione terminanti con capitelli corinzi innalzano il timpano spezzato che chiude l’altare; al centro di questo, fra due angeli, è dipinta un’Annunciazione, sopra questa altri due angioletti sorreggono una corona. La pala d’altare è un dipinto ad olio su tela, prezioso poichè attribuito a Lanfranco, del secolo XVII, raffigura una Madonna Assunta in cielo. La Vergine è seduta su delle nubi portata in alto da angeli e puttini, ha lo sguardo verso las luce divina, vestita con il tradizionale abito Rosso e manto azzurro, in basso due santi, uno di questi, S. Giovanni evangelista, indica Maria, l’altra, S. Barbara, sembra caduta in estasi. L’opera si conserva in buone condizioni. Sia le pareti delle lesene che quelle interne ala cappella sono ornate da numerosi specchi con figure di santi e angeli, questi sono attorniati da minuziosi stucchi d’oro nei quali di frequente ricorre il giglio, emblema Farnese. Nei tre pannelli della volta a botte sono dipinti altri episodi della vita di Maria, al centro l’incoronazione, a sinistra la nascita, a destra la salita la cielo. Come nelle altre cappelle, anche qui compaiono sei candelieri ben conservati del secolo XVII.

 

Ogni cappella laterale della Chiesa, presenta una bella balaustra marmorea di buona manifattura, ognuna è ricca di intarsi marmorei e rilievi.

DESCRIZIONE CANTORIA E ORGANO MONUMENTALE

 

La stupenda cantoria ha le stesse caratteristiche dell’organo monumentale, l’una di fronte all’altro, occupano le pareti di fondo del transetto.

 

Risalgono agli inizi del XII secolo, realizzati con differenti tipi di legno. Entrambi sono il risultato dei disegni dell’abile architetto francese Chainnequiau, operante in Francia alla costruzione dell’organo della cattedrale parigina di Notre Dame. Gli esecutori dell’opera furono Alessandro Vibani e Giovan Battista Chiuccia (1643/1644), valenti intagliatori romani.

 

La grandiosa architettura è ricchissima di fregi scultorei, stemmi e angeli musicanti, questi ultimi in gran parte perduti in un furto avvenuto alcuni anni fa.

L’organo è sormontato da un timpano triangolare, al centro del quale sta benedicente l’Eterno Padre, con in mano la sfera celeste, ai margini due angeli assorti in preghiera, all’estremità centrale della croce. Più in basso quattro figure femminili spartiscono lo spazio in tre, dove in quello centrale compare incoronata le Vergine Maria volta di tre quarti, sulle ginocchia tiene il figlio benedicente; la figura, elegante, è seduta sulle nubi, che a sua volta sembrano essere sorrette da un bellissimo cherubino. Nei due riquadri ai lati di Maria stanno due decorati stemmi, uno di questi è quello della famiglia Farnese. Scendendo, altri due stemmi, in uno è raffigurato S. Vittore a cavallo. Ai margini vi sono altri due scomparti coronati da tondeggianti timpani spezzati, al centro di questi stanno altri angioletti nell’atto di suonare, sotto altri volti di cherubini.

Ai lati dell’intera architettura spiccano due colonne tortili adorne di foglie e di rose, culminano in alto con pregiati capitelli corinzi e angeli che suonano lunghe trombe, ai lati di esse sono due raccordi sui quali stanno altri angeli suonanti.

In basso la balaustra è composta da dodici pannelli decorati con intagli a traforo, più sotto, invece, si alternano a figura femminili che fungono da cariatidi, pannelli recanti cherubini, motivi vegetali e mascheroni. Pesanti medaglioni, anch’essi intagliati e ricchi di decori, sorreggono la pesante struttura.

E’ uno dei più monumentali organo esistenti, non teme il confronto con quelli delle più note chiese di Roma. E’ un vero trionfo del barocco, la sua linea e i suoi dettagli, concezione dell’opera e la sua esecuzione tutto è ottimo. Non è questo il caso di fare una critica allo stile barocco, definirlo teatrale, ampolloso, pesante, diciamo solamente che nel suo stile è una bellissima opera.

 

(Recentemente la cassa dell’organo e la cantoria sono stati restaurati e consolidati dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali).

DESCRIZIONE ALTARE MAGGIORE

 

Al centro del transetto svetta l’altare maggiore, custode della preziosa immagine della Madonna del Ruscello.

 

Terminato nel 1627 è del tutto simile a quello della chiesa romana di Santa Maria del Popolo, come del resto ne aveva richiesto la committenza. In realtà l’altare di questo tempio è largamente più imponente di quello della chiesa romana, ricco di intarsi marmorei e rilievi, opera di bravi scultori romani primo fra tutti Domenico Marconi. Quattro colonne di marmo nero terminanti con capitelli corinzi in marmo bianco sostengono l’enorme timpano spezzato, al centro di questo sta una iscrizione in latino:

 

VIRGO MIRIFICE FLORENS SUPER VALLEOS AQUARUM RIVULOS

 

Il significato è: "O Vergine che splendidamente rifulgi su valli e ruscelli d’acqua". Ai lati delle due figure marmoree sono assise nell’atto di indicare la scritta, fiancheggiate da due puttini anch’essi in marmo bianco collocati poco più indietro. Nella parte alta sta a conclusione un timpano più piccolo, abbinato, triangolare nella parte interna e tondeggiante in quella esterna, sopra a questo la croce sorretta da due angioletti.

 

Al centro altri rilievi marmorei circondano più marmi policromi che creano intarsi pregiati, uno di questi, quello nella parte alta, riproduce l’effige di S. Vittore a cavallo, più in basso la nicchia ad archetto contenente l’immagine della Madonna, è anch’essa circondata d’intarsi figuranti il giglio Farnese, sopra la nicchia c’è la scritta:

 

ADMIRABILIS MATER

 

All’interno l’edicola è decorata da eleganti stucchi d’oro che terminano nella parte alta con il simbolo dello Spirito Santo. (L’autore è sicuramente lo stesso della cappelle laterali).

La Vergine èraffigurata frontalmente seduta su di un trono, un manto blu le copre il capo ed il corpo, ma lascia intravedere il vestito rosso ed un velo bianco che le scende sulla testa. Alla sua destra il bambino Gesù, in piedi, vestito con un abito giallo; con una mano indica il tre alludendo alla Trinità, con l’altra tiene tre fiorellini bianchi. L’immagine è un frammento distaccato d’affresco, attribuito alla scuola laziale, lo si fa risalire al secolo XV. La pittura di recente è stata restaurata, dell’affresco originale non è rimasta che la parte inferiore delle figure, le teste appaiono completamente rifatte.

Sotto la nicchia il tabernacolo riprende nella forma e nel materiale l’intero altare, ai lati, pregiati marmi compongono altri intarsi geometrici che proseguono fino alla base. La struttura è fiancheggiata lateralmente da graziosi archetti che aprono l’accesso al coro retrostante, anch’essi interamente eseguiti con più marmi, decorati da fregi, culminano in alto con uno stemma principesco fiancheggiato da gigli Farnese.

Posteriormente l’altare è ornato da numerosi stucchi d’oro e da un grande affresco raffigurante la visitazione di Maria, al di sopra dell’affresco un’altra immagine di Maria che viene incoronata dal figlioletto che tiene fra le braccia, Maria e Gesù sono circondati da numerosi puttini.

 

Anche le pareti laterali dell’altare sono coperte da stucchi, fra questi incorniciati emergono altri due affreschi, uno di questi raffigura le nozze di Maria, l’altro la fuga in Egitto.

 

DESCRIZIONE CUPOLA E VOLTA A BOTTE

 

Al di sopra del grande altare, nel mezzo del transetto si colloca la cupola, anch’essa frutto dei disegni del Vignola.

 

Fu elevata nel 1620 da Giovanni Maria Bennazzini, architetto di casa Farnese, quattro grandi pilastri danno origine alle vele dipinte forse ad affresco, in esse sono raffigurate le immagini dei quattro evangelisti, Matteo, Giovanni, Marco, Luca, affiancati ai loro simboli: l’angelo, l’aquila, il leone,ed il bue. Le vele conducono verso l’alto la cupola, nel cui tamburo quattro finestroni rettangolari scandiscono i restanti spazi dipinti a monocromo; qui angeli assorti in preghiera e decori floreali si alternano a festoni di frutta. Il tamburo termina con un ricco cornicione in stucco, oltre questo, la volta della cupola quadripartita, nelle cui pareti sono raffigurate quattro immagini di Maria, assisa su di un trono marmoreo, ai lati del quale stanno seduti dei puttini, tutt’attorno corre una balaustra dipinta prospetticamente, alle spalle della vergine il cielo stellato. Queste pitture sono attribuite al pittore Giuseppe Bastianini (1643).

 

Un grazioso lanternario chiude l’elegante struttura. Nella parte centrale di questo, in stucco, è raffigurata la colomba dello Spirito Santo, che appare nel mezzo della raggiera.

Di epoca più tarda sono invece le pitture che ornano la volta a botte della navata e alcune pareti del transetto, attribuite al pittore Nazzareno Diotallievi. Questi dipinti non sono eseguiti ad affresco, questa tecnica infatti cadde in disuso alla fine del seicento, sostituita da più comode tecniche a secco, in questo caso il pittore usò delle tempre; si spiegano così le numerose perdite di film pittorico dall’intonaco, cosa che non sarebbe mai accaduta in un affresco, dove invece il pigmento diviene parte integrante dell’intonaco.

Nella volta a botte è dipinta una finta apertura dove compare Maria Assunta in cielo, la Vergine è attorniata da nubi e angioletti, in alto invece si intravede l’occhi divino. Questa pittura è circondata da numerosi finti stucchi dipinti, fra questi emergono da quattro oculi le figure dei dottori della Chiesa: S. Crisostomo, S. Ambrogio, S. Atanasio, e S. Agostino.

L’aula della chiesa è illuminata da tredici finestre rettangolari, sette nella navata, una nella parete destra del transetto, una la di spora dell’altare maggiore e quattro nel tamburo della cupola, nel lanternino infine ci sono otto aperture ad archetto.

 

Il pavimento è composto da piastrelle di terra cotta sistemate con un ordine geometricamente decorativo.

 

DESCRIZIONE CORO E PALA DEL POMARANCIO

 

Alle spalle dell’altare maggiore, vi è il coro affrescato sia nella parete di fondo, sia nella volta a botte, dal Pomarancio.

 

L’affresco che ci si presenta frontalmente, narra di un evento miracoloso avvenuto durante la costruzione del tempio: mentre si scavavano le fondamenta della chiesa i lavori si interruppero poichè un gigantesco masso occupava la zona destinata alo scavo. Si decise allora di rimuoverlo, ma durante l’operazione l’enorme masso ricadde sugli operai, questi miracolosamente ne uscirono completamente illesi. Il pittore in maniera fantastica rievocò la scena; un pullulare di angeli sollevano i pesanti legni, liberando così gli uomini imprigionati sotto di essi, un angelo scaccia il demonio poichè responsabile dell’accaduto; mentre la Vergine con il Bambino vengono innalzati trionfalmente su delle nubi. L’affresco è molto affollato e ricco di dinamismo, si tratta di un tipico prodotto giovanile del Pomarancio, esemplato sulle opere del manierismo fiorentino e romano dei SAlviati e di Jacopo Del Conte. Presenta analogie con le tavole della chiesa di S. Lorenzo a Spello, raffiguranti due storie della vita del santo.

 

La pittura parietale è contornata da lodevoli stucchi in oro, questi creano motivi floreali, festoni di frutta e numerosi volti di cherubini. Al centro in alto, in un cartiglio, l’iscrizione che ricorda il miracolo:

 

RUINIS, QUAS DAEMON PRAEPARAT VIRGO ATTI/R/ AD GLORIAS

 

(La vergine si avvale delle rovine che il diavolo prepara per la sua gloria)

Nella volta a botte sicuramente lo stesso autore rievoca prospetticamente un passo dell’Apocalisse di Giovanni, la Vergine Maria incoronata da dodici stelle sale verso l’alto; sotto i suoi piedi lo spicchi di luna ed il drago, in alto Dio Padre accoglie a braccia aperte la Vergine. Tutta la scena è invasa da angioletti e cherubini, in basso S. Giovanni con il libro aperto e l’aquila al suo fianco. Un tondo incornicia tutta la scena, attorno a questo tanti altri personaggi fra i quali santi e profeti.

Nella parte che conclude la volta a botte ai lati del finestrone centrale è raffigurata una annunciazione, l’autore è lo stesso della volta, a sinistra vi è Maria chinata, nella parte opposta l’arcangelo annunziante. Numerosi personaggi e angeli sono risolti a monocromo, è a monocromo anche tutta la decorazione che corre al di sopra del cornicione in stucco.

Il coro è costituito da diciassette sedili in legno, decorati da cornici ed intagli, è presente anche un leggio del XVII secolo.

 

Concludo la descrizione di questo ricco tempio con un’altra opera del Pomarancio, che troviamo collocata al di sopra del portale d’ingresso. Si tratta di una salita in cielo di S. Carlo Borromeo. S. Carlo che indossa l’abito cardinalizio èvolto di prospetto e l’aspetto della sua figura è gelato nell’espressione della morte. Ai lati vi sono numerosi angeli.

Il VENTURI (vol. X, cap. VII, p. 798) menziona in Valleranno, alla chiesa del ruscello una pala d’altare del Pomarancio, intendendo probabilmente questa opera.

La superficie del dipinto appare inaridita e necessiterebbe di un consolidamento ed una adeguata pulitura dello strato pittorico molto offuscato. Anche gli affreschi citati avrebbero bisogno di restauro, soprattutto quelli danneggiati da infiltrazioni ed efflorescenze saline…

 

Attualmente il santuario è proprietè della parrocchia di S. Andrea Apostolo in Vallerano (VT). Viene utilizzato per settimanali funzioni liturgiche, per i matrimoni, per altre funzioni religiose che accompagnano la vita della parrocchia.

Ogni anno per il cinque di luglio, anniversario del miracolo della madonna del Ruscello, d’innanzi alla facciata si disegna la "stella", un gentile omaggio alla Vergine stella del mare. Ha solitamente forma circolare, è una composizione di disegni, di colori di fiori variopinti, quest’ultimi da alcuni anni sostituiti con segatura colorata e terre. La ricorrenza è salutata da campane che suonano a festa, collocate nei tre archi del grazioso campanile a vela che svetta elegante a lato della cupola.

 

Ferdinando Pecoroni Sciarrini

 

Nota della redazione: Si ringrazia l’Autore per aver gentilmente messo a disposizione i risultati della sua ricerca, e dato l’autorizzazione a presentane in questo sito il Suo lavoro.